Piercarlo Ogliaro

 

 

 

 

Piercarlo Ogliaro è stato un giocatore della Junior dal 1962 al 1967, vivendo tutte le fasi evolutive del basket a Casale. Inizia a giocare all’Oratorio del Valentino e da lì si alternerà tra la Junior e la Casale Basket guadagnandosi il curioso soprannome di “Dondolo”.

Oggi, per tutti quelli che passano al PalaFerraris è “lo Zio”, cha dal suo ufficio continua a seguire le gesta di tutti i ragazzi che passano da Casale.

 

Ecco come, nel Libro 50+1, Ogliaro ha raccontato la sua permanenza nel basket.

Giocavo nel Casale Calcio. Prima di una partita al Natal Palli contro l’Aosta mi diedero un paio di pantaloncini strettissimi: feci un rinvio e si strapparono. Da quel giorno decisi di smettere con il calcio e presi a giocare a basket all’Oratorio. Un giorno si presentò Giorgio Scienza, che con Oddone andava in giro per Casale a cercare giovani d’interesse: mi prelevò e mi portò in palestra.

Iniziai il giorno stesso in cui Motto venne alla Leardi con il gesso alla gamba e fui inserito quasi subito anche in prima squadra, come decimo, nonostante avessi appena 15 anni. Presto divenni per tutti “Dondolo”, perché coach Oddone mi faceva fare un movimento continuo di vieni-e-vai alla vecchia maniera sulla linea di fondo avversaria. Fu un soprannome che mi portai dietro fin quando smisi.

Il mio primo impatto con la Junior è uno dei ricordi più belli che conservo. Oggi è quasi naturale che i dirigenti vestano la divisa societaria, con il simbolo della squadra in evidenza: a quei tempi Mario Oddone, un tipo davvero particolare, era l’unico a vestire già un’elegantissima giacca con il logo della società stampato in bella mostra sul petto.

Aveva una grande passione per il basket e per l’America, da cui mutuava spesso vezzi e comportamenti. Si era fatto spedire da un amico italiano che abitava oltreoceano alcune pubblicazioni in inglese sulla pallacanestro, con schemi, giochi, movimenti. Era davvero all’avanguardia, sia come dirigente, sia come allenatore“.

A riguardo della stagione 1965/66, Ogliaro racconta: “Alla quinta giornata il calendario proponeva la gara a Sassari. La società si trovò di fronte al problema di organizzare la trasferta nell’isola e decise che all’andata, il sabato, avremmo viaggiato in auto da Casale a Genova dove ci saremmo imbarcati su un aereo alla volta della Sardegna. Il ritorno, la domenica, sarebbe invece avvenuto in nave.

Sul cielo di Sassari una tempesta di vento costrinse l’aereo a puntare prima su Roma e poi, per fortuna, su Cagliari, dove atterrammo a metà pomeriggio. Da là prendemmo un normale pullman di linea, che ci mise più di quattro ore per arrivare a destinazione: due staffette dei carabinieri seguivano l’automezzo, perché in mezzo alle montagne sarde erano ancora frequenti gli episodi di banditismo. Arrivammo a Sassari all’ora di cena, accolti dai fragorosi tifosi di casa, che avevano organizzato caroselli sotto il nostro albergo per non farci dormire. Fecero baccano per quasi tutta la notte. Il mattino seguente, prima della gara, in programma alle 11, partecipammo all’inaugurazione di uno spaccio di generi alimentari aperto alla periferia della città da due avvocati casalesi, che avevano interessi nella zona. Assaggiammo formaggi e vini locali, e alle 10.30 ci presentammo puntuali in campo per un breve riscaldamento: fu una facile vittoria perché eravamo davvero più forti. Anche più del freddo pungente – era il 12 dicembre e si giocava all’aperto – contrastato da quanto messo in pancia prima della gara.

Nel pomeriggio ripartimmo per Alghero, dove in serata salpammo per Genova sulla motonave Torres. Contro il mare forza 8 non bastò la classica pastiglietta anti-vomito e iniziò una lunga processione verso le toilette. La nave beccheggiava talmente tanto che nessuno riusciva a rimanere anche solo seduto al proprio posto. Gli unici indifferenti a tutto ciò che accadeva furono Toth e Zanatta, che rimasero impassibili davanti alla tv a guardare la “Domenica sportiva”. Un viaggio da tregenda, tutti noi arrivammo distrutti alla metà. Loro, invece, no“.